LA PRIMA DOMANDA
Che cosa cambia tra l’essere battezzati e il non esserlo?
8. Una prima domanda, molto diretta, mira al cuore stesso del Battesimo e mette in gioco la sua stessa essenza. È una domanda che sorge spontanea, che in un certo senso si impone, quando, per ragioni diverse, ci si ritrova a parlare di questo atto divenuto tradizionale nel corso degli anni, ma ora non più scontato.
Potremmo formularla in questo modo:
che cosa accade di così importante quando si viene battezzati? Perché mai si
dovrebbe farlo? Alla fine, cosa cambia tra l’essere battezzati e il non
esserlo?
Per la prima volta furono chiamati cristiani
9. La risposta più immediata a una simile domanda, che però rimane tutta da chiarire, potrebbe suonare così: con il Battesimo si diventa cristiani. Quel che cambia è la stessa condizione di vita. Con il Battesimo si compie la propria nascita, nella forma cristiana della vita.
10. Dobbiamo riconoscere che non si era abituati a considerare così importante l’aggettivo “cristiano”. Soltanto qualche decennio fa, nei nostri territori, l’identità cristiana non era in discussione. Da lì si partiva per fare altre considerazioni, più di approfondimento: ci si interrogava sulle verità del cristianesimo, sulle regole morali che comportava, sugli impegni che richiedeva, sulle sue forme di espressione.
Il contesto sociale profondamente cambiato, l’indebolimento di una tradizione religiosa condivisa e l’incontro più ravvicinato con altre religioni, ci hanno costretto a porre maggiormente in evidenza l’elemento che contraddistingue la nostra fede.
Oggi appare più evidente che essere
cristiani significa riconoscersi in qualcosa di assolutamente originale, per
nulla generico, che ci qualifica in modo molto chiaro e ci pone di fronte al
mondo in una posizione singolare.
11. Il termine cristiani ha la sua storia. Fa la sua comparsa per la prima volta in una delle grandi città dell’impero di Roma. Ce ne parla il libro degli Airi degli Apostoli. Siamo a pochi anni dalla morte in croce di Gesù e dall’esperienza, insieme sconvolgente ed esaltante, delle sue apparizioni.
Nei quaranta giorni che seguirono la sua morte i discepoli ebbero modo di incontrarlo di nuovo vivo, di parlare con lui, di ascoltarlo, di condividere con lui momenti di grande familiarità.
Da lui ricevettero il compito di annunciare a tutti il Vangelo, cioè il lieto annuncio della salvezza da lui realizzata, a compimento di un disegno di grazia. Prese così avvio la missione apostolica, accompagnata e sostenuta dalla potenza dello Spirito Santo, promesso dal Risorto ed effuso nel giorno della Pentecoste.
La predicazione apostolica diede vita nel territorio giudaico a diverse comunità di credenti. Lo stesso avvenne poi nella regione della Samaria e poi ancora oltre i confini dell’antico Israele.
La Parola di Dio raggiunse le regioni
vicine, che a quel tempo costituivano le province orientali dell’impero di
Roma. Tra queste province vi era la Siria, con la sua capitale Antiochia. Il
libro degli Atti degli Apostoli riferisce appunto che proprio in questa
prestigiosa città, tra le più importanti dell’impero romano, per la prima volta
i discepoli di Gesù furono chiamati cristiani (At 11,26). Siamo intorno
all’anno 37 d.C.
12. Le circostanze di un simile avvenimento risultano interessanti. Il libro degli Atti ce le precisa.
Riportiamo qui un passaggio significativo della sua narrazione: «Quelli che si erano dispersi a causa della persecuzione scoppiata a motivo di Stefano erano arrivati fino alla Fenicia, a Cipro e ad Antiochia e non proclamavano la Parola a nessuno fuorché ai Giudei. Ma alcuni di loro, gente di Cipro e di Cirene, giunti ad Antiochia, cominciarono a parlare anche ai Greci, annunciando che Gesù è il Signore. E la mano del Signore era con loro e così un grande numero credette e si convertì al Signore» (At 11,19-21).
Il punto che interessa qui evidenziare riguarda il particolare della lingua greca. Per la prima volta, in questa importante città dell’impero, l’annuncio del Vangelo viene rivolto ai Greci in greco. Non più, quindi, solo ai Giudei e neppure solo ai Giudei di lingua greca, ma agli stessi Greci nella loro propria lingua.
A loro - si riferisce - viene annunciato che «Gesù è il Signore». Il termine Signore (in greco: Kyrios) riferito a Gesù risultava particolarmente adatto a far cogliere ai Greci la portata di ciò che costituiva il cuore del Vangelo, cioè la risurrezione di Gesù: significava infatti «colui che ha potere e sovranità».
Possiamo tuttavia immaginare che si fosse presto diffusa anche la voce che Gesù era il Cristo. Lo dichiaravano quanti avevano creduto in lui e provenivano dal Giudaismo.
Il termine greco Christós traduceva l’ebraico Meshiah (Messia), con cui si identificava l’Unto del Signore, discendente da Davide e atteso per gli ultimi tempi. Si trattava di una qualifica che solo i Giudei potevano comprendere nel suo vero significato.
Per i Greci questo termine non aveva
un senso preciso e fu facile scambiarlo per un nome proprio. Vennero così
definiti cristiani quanti si dichiaravano seguaci di quest’uomo chiamato Cristo
(Questa stessa definizione passò dai Greci ai Romani. Così scrive lo storico
romano Tacito: «Prendevano essi il nome da Cristo -Christus-, che era stato
suppliziato ad opera del procuratore Ponzio Pilato sotto l’impero di Tiberio e
quell’esecrabile superstizione, repressa per breve tempo, riprendeva ora forza
non soltanto in Giudea, luogo d’origine di quel male, ma anche in Roma, ove
tutte le atrocità e le vergogne confluiscono da ogni parte e trovano seguaci»
(Annales, XV, 44-5).
13. Da un simile evento - all’apparenza del tutto contingente - emerge una verità decisamente rilevante, che varrà in ogni tempo, che cioè i cristiani esistono - appunto - grazie a Cristo. La loro identità, come il loro nome, dipende in tutto e per tutto da lui.
Vi è tra lui e loro una dipendenza che potremmo definire originaria o istitutiva, in qualche modo genetica.
Gesù, il Cristo di Dio, non viene considerato dai cristiani semplicemente come un eminente personaggio a cui ispirarsi o come un insigne maestro da cui lasciarsi istruire, o un modello da imitare per quanto è possibile, e neppure, propriamente, come il fondatore di una religione.
Egli era riconosciuto come il Signore, il principio di una vita nuova (cfr. At 3,15), della quale per grazia si era divenuti partecipi. E tale grazia era resa possibile dal Battesimo, il quale originava una appartenenza inedita, che oltrepassava i confini del tempo e univa i credenti al Cristo vivente. Sin dal primo momento, infatti, il Battesimo cristiano avviene «nel nome di Gesù Cristo» (cfr. At 2,38).
14. Ma chi sono allora precisamente i cristiani? Che cosa ricevono da questa misteriosa comunione con Cristo? Che cosa li contraddistingue? Da che cosa si possono riconoscere? Quali sono dunque su di loro gli effetti del Battesimo?